martedì 30 aprile 2013

Non Entrate in quella Casa!!!


Nell'ormai lontano 1981 fece la sua comparsa sui grandi schermi USA il film “Evil Dead” (in Italia conosciuto come “La Casa”), diretto da un giovane regista al suo debutto cinematografico, tale Samuel Raimi, e ...nulla fu più come prima! Questo film, infatti, rappresentò la nascita di un nuovo modo di concepire e di realizzare il cinema dell'orrore e, si può dire, diede il via ad un vero e proprio genere cinematografico. Parlando di film sulle case non posso dunque che partire da Evil Dead, ma descriverò anche un piccolo gioiello, di stile completamente differente da Evil Dead, del cinema thriller-horror italiano (diretto dal grande Pupi Avati) per arrivare ai giorni nostri e trattare quello che è stato giudicato da molti critici del settore il miglior film horror del 2012...buona lettura (e/o buona visione ;)

La Casa (titolo originale “Evil Dead”)
USA – 1981 – colore - 85'
Regia: Samuel Raimi
Interpreti principali: Bruce Campbell, Ellen Sandweiss, Betsy Baker.
Trama. Un gruppetto di ragazzi giunge ad una casupola di legno, affittata per trascorrere un week-end di spensieratezza. La casa si presenta alquanto malandata e per di più si trova sperduta nel bel mezzo di un bosco. In una specie di scantinato che si trova all'interno dell'abitazione i ragazzi trovano un vecchio libro, il Necronomicon, contenente formule magiche e rituali ancestrali. La lettura di alcune pagine del tomo risveglia un antico e feroce demone del bosco che si insinua nella casa e, uno ad uno, si impossessa dei malaugurati gitanti...
Analisi. Il film, girato con un budget estremamente limitato, rilegge il tema della possessione demoniaca e delle case infestate in una maniera così visionaria, frenetica, originale e innovativa (per tipo di effetti, ritmo e inquadrature) che spiazza lo spettatore sin dall'inizio. Il giovanissimo Raimi lascia da parte la scuola classica del cinema della paura e non concede nulla all'attesa, all'atmosfera o alla suspense: tutto l'orrore è immediatamente rovesciato sullo schermo e continua senza interruzione fino alla fine della pellicola, alternando veri e propri “shock visivi" a momenti (volutamente)auto-ironici creando, quasi dal nulla, uno stile che imperverserà dagli anni Ottanta in poi. Una trama quasi inesistente lascia lo spazio ad una galleria di trasformazioni, effetti speciali e movimenti vertiginosi con la macchina da presa. Questo film, certo, potrà non piacere ai puristi del cinema dell'orrore ma ha fatto senza dubbio scuola: La Casa non è un film splatter ma è Il film splatter e gli effetti visivi ideati da Raimi, mescolati ad una ironia fuori di testa, si possono ritrovare negli anni seguenti in una larga serie di pellicole del cinema horror. Non a caso vincitore del 1° Premio al Festival del Terrore di New York.
Curiosità. Uno degli attori del film, Bruce Campbell, negli anni è diventato l'attore “amuleto” di Sam Raimi: è protagonista di altri film horror del regista e compare in moltissime altre sue pellicole (recita delle piccole parti addirittura nei 3 film di Spider Man).
Evil Dead ha dato inizio ad uno stuolo di seguiti, imparentati col film originale solo nel titolo. Appartengono alla “vera” serie solo Evil Dead II (in Italia La casa 2, del 1987) e Army of Darkness: Evil Dead III (in Italia L'Armata delle Tenebre, del 1992), entrambi di S. Raimi.
Pochi giorni fa, a distanza di 32 anni(!) dall'uscita del film originale, è stato presentato al “Future Film Festival” di Bologna Evil Dead un remake diretto dal giovane regista uruguaiano Fede Alvarez e prodotto da Raimi stesso...questa volta senza badare a spese (pare che siano stati utilizzati ben 25.000 litri di sangue finto e oltre 300 litri di simil-vomito! :-D). Questo il link del trailier ufficiale in HD http://www.youtube.com/watch?v=FKFDkpHCQz4


La Casa dalle Finestre che Ridono
Italia – 1976 – colore - 106'
Regia: Pupi Avati
Interpreti principali: Lino Capolicchio, Francesca Marciano, Gianni Cavina, Vanna Busoni.
Trama. Un giovane restauratore, Stefano, agli inizi degli anni '60 giunge in un paese della Bassa Ferrarese per ripristinare un affresco raffigurante la morte di San Sebastiano, che si trova nella chiesa del paese. Il dipinto è di un artista locale, tale Buono Legnani, naïf e un po' folle, morto suicida trent'anni prima. Nel paese Stefano respira da subito una strana, bieca atmosfera e viene a conoscenza di alcuni racconti, un po' confusi e lacunosi, sul pittore dell'affresco. L'apparente suicido, avvenuto proprio davanti ai suoi occhi, di una delle persone che si erano confidate con lui, induce Stefano ad intraprendere una indagine privata per scoprire se c'è un nesso fra i racconti sul pittore e la morte dell'uomo. L' indagine lo conduce presto ad un sinistro e desolato casolare, con le finestre decorate esternamente da grandi labbra sorridenti, che in passato era stata la casa del pittore. Scopre che il Legnani aveva instaurato un rapporto incestuoso con le sorelle, ancora in vita anche se molto vecchie, e scopre anche che queste, con la complicità di un uomo del paese, periodicamente seviziavano fino alla morte in quella casa delle vittime innocenti col solo scopo di creare una fonte di ispirazione per i dipinti del fratello (il San Sebastiano raffigurato nell'affresco della chiesa mentre viene trafitto da due aguzzine era in realtà il ritratto di una vittima e delle due sorelle del pittore). Le due “arpie”, dopo aver saputo che Stefano aveva scoperto tutto, lo attirano nella casa e cercano di ammazzarlo a coltellate, ma egli riesce fortunosamente a scappare e salvarsi anche se gravemente ferito. La mattina successiva, ancora mezzo agonizzante, Stefano giunge in chiesa per raccontare tutto al parroco ma...lo attende una sorpresa shockante!
Analisi. Sarò anche di parte, ma questo (assieme a “Regalo di Natale”) rimane ad oggi il mio film preferito di Pupi Avati. Si tratta di un “noir padano” che sconfina con maestria nell'horror, utilizzando anche qualche “effettaccio” truculento. Forse in alcuni tratti è narrativamente “sconnesso” ma resta a distanza di decenni estremamente valido e suggestivo per il senso che offre del paesaggio della Pianura Padana, il gusto della dismisura, l'inclinazione al grottesco, la direzione degli attori e la cura dei particolari. Per certi versi ricorda i primi film di Dario Argento, ma in questo caso l'idea vincente di P. Avati è stata proprio trasformare la Bassa Padana, assolata, sonnacchiosa e con tanti scheletri nascosti negli armadi, nel teatro ideale per una pellicola horror. All'epoca venne notato dalla critica ma l'accoglienza nelle sale fu “tiepidina”, solo in seguito, come spesso accade, è diventato un film-cult del cinema italiano. Bellissimo il finale, con il colpo di scena e la storia che resta come sospesa.
Curiosità.  Si tratta del 5° film del famoso regista bolognese Pupi Avati ma è il 1° prodotto da lui con la A.M.A. Film (in società con il fratello Antonio e Gianni Minervini). Fu scritto con Gianni Cavina, Maurizio Costanzo e il fratello. Ricevette il Premio della Critica al “Festival du Film Fantastique” di Parigi, nel 1979.
Pare che per la storia del film P. Avati si sia ispirato ad un fatto realmente accaduto nel paese dove visse la sua infanzia, inoltre la casa con le labbra dipinte sulle finestre, che ha originato anche il titolo del film, esisteva veramente e anche se all'epoca delle riprese del film non esisteva più fu ricostruita esattamente com'era una volta.

Quella Casa Nel Bosco (titolo originale “The Cabin in the Woods”)
 - Tu Credi di conoscere la storia -
USA – 2012 – colore - 95'
Regia: Drew Goddard
Interpreti principali: Richard Jenkis, Bradley Withford, Jesse Williams, Chris Hemsworth.
Trama. Il “solito” gruppo di cinque ragazzi giunge al “solito” scalcinato chalet sperduto nei boschi (esternamente, del tutto identico a quello del film di Raimi!) per trascorrere un week-end di svago ...“che noia, già visto un centinaio di volte!” - verrebbe da dire. Ma, come fa intendere il sottotitolo del film, non è così. Da subito, infatti, ci si rende conto che un gruppo di scienziati tiene sotto osservazione (a mo' di “grande fratello”) e condiziona cinicamente tutte le mosse dei 5 ignari tenagers da un laboratorio segreto, che si scoprirà in seguito essere costruito proprio sotto l'abitazione. Non potendo scappare da quel luogo per via di una barriera invisibile che li isola dal resto del mondo i ragazzi diventano delle cavie umane o, meglio, delle vittime sacrificali di un rito millenario che affonda le sue radici nella notte dei tempi, addirittura agli albori della razza umana, e che prevede l'entrata in scena dei più crudeli mostri dell'immaginario collettivo...riuscirà qualcuno a salvarsi?
Analisi. Il film, che solo inizialmente è un omaggio (voluto) a Evil Dead, si trasforma col passare dei minuti in una sorta di compendio del cinema horror moderno...divertente, autoreferenziale, tecnicamente ineccepibile e con un finale “kolossal”, per non dire esagerato, in cui entrano in scena tutti (o quasi) i mostri della “mitologia orrorifica” (dagli Zombie ai Supplizianti, dall'Uomo Lupo al Clown di IT!), per la prima volta riuniti in unico film. Interessante inoltre l'idea di partenza del “grande fratello dell'orrore”, che contestualizza al nostro tempo la pellicola. L'anno scorso in pochi si sono accorti del passaggio nelle nostre sale cinematografiche di questo film che, come ho anticipato nella prefazione, è stato da molti critici giudicato come il miglior film di paura del 2012 e che andrebbe analizzato e studiato da tutti coloro che vogliono intraprendere una carriera nell'horror. La pellicola, infatti, rappresenta una accurata “indagine” su tutti gli stereotipi e l'iconografia del cinema del terrore dagli anni Ottanta in avanti, svolta con un pizzico di sarcastica ironia. Consigliato a chi è “rimasto un po' indietro” coi film dell'orrore e vuole rifarsi in una volta sola!!!
Curiosità. La direttrice del laboratorio che nel film organizza e controlla il mostruoso e crudele rituale, e che rimane misteriosa fino al finale della pellicola, è interpretata dalla "mitica" Sigourney Weaver (la protagonista della saga di Alien...che presto verrà trattata in queste pagine).

domenica 28 aprile 2013

R III Riccardo III - regia di A. Gassmann - Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Stabile di Torino, Società per Attori, Lugano in scena

Allestimento favoloso e visionario, spettacolare sotto ogni profilo, di una raffinatezza ed una suggestione estetiche e registiche assolute. Già le precedenti regie di A. Gassmann di "La parola ai giurati", "Roman e il suo cucciolo", "Immanuel Kant" mi avevano assai colpito, ma questa le batte di gran lunga. Scenografia lugubre, claustrofobica, ma grandiosa al tempo stesso con luci studiatissime ed effetti visivi di estrema spettacolarità: fuochi, fitti boschi, mura, marce di truppe, spettri si materializzano magicamente sulla scena lasciando lo spettatore senza fiato. Trucco curatissimo, costumi e monili di incredibile pregio e sfarzo nei colori e nelle stoffe, che rendono gli interpreti grottesche figure di burtoniana ispirazione. I personaggi si moltiplicano o si riducono materialmente o in forma di ologrammi nel succedersi delle scene, perfette nell'adattamento e traduzione di V. Trevisan. Interpretazione magistrale, molto sofferta e grottesca, del regista/protagonista Gassmann nella crudeltà e nel sarcasmo del re tiranno, affiancato da un cast di notevole qualità, che raggiunge il top nelle performances  di M. Gammarota (Tyrrel), M. Marino (Edoardo IV, Margherita, Stanley), S. Meogrossi (Buckingham, Hastings), M. Richeldi (Elisabetta). Assolutamente da non perdere, tenetelo presente nella prossima stagione di prosa.


venerdì 19 aprile 2013

The Full Monty - regia di M. R. Piparo

Spettacolo davvero brillante ed esilarante, ispirato al film del 1997, ma con sceneggiatura alquanto originale e italianizzata, su una tematica quanto mai attuale.
Il ritmo è molto vivace e ben sostenuto dai protagonisti, tutti molto capaci nel canto, con alternanza di momenti decisamente ridanciani e comici ed altri più malinconici.
Spiritosissimo il toscanaccio P. Ruffini, molto divertente il panzuto G. Fantoni, elegante e di classe P. Calabresi, appropriato S. Muniz nel ruolo del cubano emigrato in Italia. Dignitosi gli altri due improvvisati spogliarellisti, uno dei quali peraltro non professionista. Recitazione un po'scolastica dei personaggi di contorno, tuttavia compensata da una notevole qualità di movimento, in particolare degli ottimi ballerini.
Scenografia su due piani efficace e molto funzionale, con pedane scorrevoli, muri rotanti e scale semoventi, molto d'effetto l'utilizzo di proiezioni come espediente per i cambi-scena. Spettacolari, da vero musical di Broadway, le luci, coloratissime ed estremamente dinamiche. Due ore e mezza di sano divertimento, visione caldamente consigliata.
 
 
 
 


King of Horror (Parte I)


Dopo aver pubblicato le prime due recensioni come “frammenti” isolati, ho deciso di suddividere d'ora in avanti la rubrica in “miniserie”. Queste raccoglieranno di volta in volta i film da me ritenuti i più significativi fra quelli riconducibili ad una delle tante tematiche del cinema horror che verranno affrontate. Spero che, in questo modo, la lettura risulti ancora più interessante.
“A grande richiesta” comincerò dalla serie dedicata ai film tratti dai racconti di uno dei più grandi geni della letteratura horror di tutti i tempi: Stephen King. Portare su pellicola un racconto di King non è affatto cosa semplice e, spesso, ha dato esiti davvero mediocri. C'è da dire poi che King, spesso, non è stato molto “tenero” nel giudicare e commentare film tratti dai suoi romanzi e questo ha reso la “sfida” ancora più difficile per quei registi (alcuni dei quali molto importanti) che di volta in volta hanno voluto provarci. Rigorosamente in ordine cronologico, ecco per voi:

Shining (titolo originale “The Shining”)
USA – 1980 – colore - 146'
Regia: Stanley Kubrick
Interpreti principali: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers.
Trama. Uno scrittore in crisi, Jack Torrance (Nicholson), per trovare la pace necessaria e poter completare il suo nuovo libro accetta l'incarico di custode di un albergo sulle Montagne Rocciose, l'Overlook Hotel, durante il periodo di chiusura invernale. Decide di portare con sé la moglie Wendy (Duvall) e il figlioletto Danny (Lloyd). Dopo essersi trasferito nell'hotel, Jack scopre che dieci anni prima quel luogo era stato teatro di una vicenda orribile: un uomo aveva sterminato tutta la sua famiglia e poi si era tolto la vita. Inoltre Danny si rende conto di essere in possesso di una dote particolare, la “luccicanza” (the shining, appunto), che gli permette di comunicare con alcune entità del passato che aleggiano ancora nell'hotel e che sembrano mettere in guardia il piccolo da qualcosa di terribile che sta per accadere. La percezione di queste presenze paranormali e l'atmosfera alienante e sinistra dell'hotel porteranno Jack col trascorrere dei giorni ad uno stato di follia …che sfocerà in furia omicida!
Analisi. Stroncato senza mezze misure da King, scontento del modo in cui era stato “trattato” il suo romanzo, il film rappresenta invece una delle poche trasposizioni che si elevi al di sopra della seppur dignitosa media. Anzi, si può dire senza problemi che con Shining ci troviamo di fronte ad uno di quei rari esempi di film dell’orrore conosciuto (e apprezzato) anche da chi non è proprio un amante di tale genere. Tanto che il titolo Shining è spesso associato più al film di Kubrick che al romanzo di King! Beh, i motivi di tale successo sono molteplici. Innanzitutto la regia, affidata ad un “mostro sacro” del cinema come S. Kubrick, un perfezionista, abile maestro nello sfruttare la storia paranormale raccontata nel libro per analizzare e sviscerare in maniera cinematografica i meccanismi psicologici della paura e dell'ossessione. Egli ci conduce infatti con la telecamera nei meandri labirintici e claustrofobici dell'Overlook Hotel che progressivamente si trasformano nei labirinti mentali del protagonista il quale, alla fine, vi rimane fatalmente imprigionato. Un altro motivo del successo sta nella scelta degli attori, su tutti un Jack Nicholson in grande forma e a suo agio nei panni del protagonista della vicenda: un personaggio irritabile, indisponente e costantemente ad un passo dalla schizofrenia...
Un film che assolutamente non può mancare nella vostra cineteca!!!

Cimitero Vivente (titolo originale “Pet Sematary”)
USA – 1988 – colore - 103'
Regia: Mary Lambert
Interpreti principali: Dale Midkiff, Fred Gwynne, Denise Crosby, Blaze Berdahl.
Trama. Il dottor Creed (Midkiff) si trasferisce con tutta la sua famiglia in una sperduta località del Maine, in una casa che ha l'inconveniente di essere costruita troppo vicino a una strada percorsa ogni giorno a gran velocità da enormi e minacciosi camion. Unica presenza nel raggio di miglia, il vicino di casa, un tizio stravagante di nome Judd (Gwynne). Un giorno un camion investe il gatto della famiglia Creed, uccidendolo. Judd allora convince il dottor Creed a seppellire i resti del povero gatto in un cimitero per animali che si trova nei pressi della loro abitazione, costruito molti anni prima da una tribù di pellerossa. Secondo la leggenda la terra di quel cimitero sarebbe in grado di riportare in vita gli animali! Passano pochi giorni ed ecco che, secondo copione, il gatto fa la sua ricomparsa, vivo e incredibilmente sano! Ma la gioia lascia presto spazio all'angoscia e alla paura: il gatto infatti comincia a manifestare strani comportamenti aggressivi, a tratti malefici...che sia un effetto collaterale del prodigio? Proprio mentre la famiglia medita sul da farsi, una tragedia (annunciata) la colpisce: il figlioletto del dottor Creed viene anch'esso ucciso da un camion... Il padre del bambino, in preda alla più totale disperazione, decide di seppellire il figlio nel cimitero degli animali. Una mossa di cui si pentirà ma...quando sarà ormai troppo tardi e il destino della famiglia inevitabilmente segnato!!!
Analisi. Questo film è il primo in assoluto che si avvale della sceneggiatura scritta da S. King in persona, il quale compare nella pellicola anche come attore (nella parte di un prete). L'ho scelto perché oltre ad essere molto tecnico e preciso dal punto di vista cinematografico (molto validi anche gli effetti speciali!) riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore introducendo molto abilmente un elemento che si aggiunge all'orrore: il dolore. Mentre i camion continuano incessantemente e rumorosamente ad attraversare la strada accanto alla casa dei Creed, si intuisce subito che la morte del gatto è solo il preludio e che la prossima vittima sarà il bambino. La sua scomparsa porterà un dolore lacerante non solo alla famiglia del film ma anche allo spettatore. Solo un elemento, alla fine, sopravvive alla catena di morte: la bambina, una sensitiva (una costante nell'universo “kinghiano”) che, evidentemente...sapeva già come andava a finire! ;)
Non mi resta che terminare “canticchiando” il ritornello
... I don't want to be buried in the Pet Sematary,
I don't want to live my life again
Oh no, oh no no no!
tratto dalla canzone “Pet Sematary”, sigla conclusiva del film scritta appositamente per l'occasione dai (mitici)“Ramones”. Un brano musicale divenuto in breve tempo, non a caso, uno dei cavalli di battaglia della leggendaria band punk-rock americana.  \m/
Nota. Nel 1992 è uscito il seguito, Cimitero Vivente 2 (Pet Sematary 2) ...interessante e discreto dal punto di vista tecnico ma, sicuramente, inferiore.

IT
USA – 1990 – colore - 192'
Regia: Tommy Lee Wallance
Interpreti principali: Tim Curry, John Ritter, Askell Anderson, Annette O'Toole.
Trama. Un gruppo di ragazzini di una (apparentemente) tranquilla cittadina americana (Darry) decide un giorno di stringere un’amicizia di ferro, una sorta di patto di sangue, per poter affrontare e sconfiggere un mostro dalle sembianze di  clown, IT (Curry), che da anni ciclicamente provoca la morte di ragazzi di giovane età. Il legame fra i ragazzi rimane molto saldo anche a distanza di anni quando, diventati oramai degli adulti, sono costretti a riunirsi nuovamente nella città d'origine per affrontare la mostruosa minaccia di IT. Forti di quell'amicizia e del ricordo di quando in passato riuscirono tutti assieme a neutralizzare IT, il gruppo di amici affronta senza esitazione il malvagio clown ...in quella che sarà una lunga e snervante battaglia finale fra il Bene e il Male!
Analisi. Prima di qualsiasi commento, è doverosa una premessa: penso che sia praticamente impossibile per chiunque trasporre su schermo un romanzo di oltre 1.200(!) pagine in cui tutti i temi alle fondamenta dell'opera letteraria del “Re dell'Orrore” vengono ampiamente trattati, analizzati e svolti. Un’altra importante considerazione da fare per meglio giudicare questa pellicola è che si tratta di un’opera concepita per diventare una serie televisiva e non un unico film per il grande schermo. Questo ha comportato delle limitazioni tecniche non da poco, la censura delle scene più cruente e spaventose e una durata oltre la media (più di tre ore!). Detto ciò, va dato comunque atto al regista di essere riuscito a confezionare un buonissimo prodotto, creando (soprattutto nella prima parte) un’atmosfera molto vicina a quella che si respira nel romanzo originale e a mantenere un buon ritmo narrativo. Molto bene ideata e realizzata inoltre la rappresentazione cinematografica del clown IT (che compare minaccioso anche nella locandina del film), che si guadagna una posizione di rispetto nel Gotha dei personaggi/mostri cattivi “cult” del cinema horror. Quasi scontata e inevitabile, invece, la caduta di tensione e di coerenza stilistica nella parte conclusiva del film...un vero peccato!
Curiosità. In un romanzo successivo (Tommyknockers), da cui è stato tratto anche un film, King riprende il personaggio di IT…attribuendogli un’origine extraterrestre!

G.D.

domenica 14 aprile 2013

LA NOTTE DEI DIAVOLI - Regia di G. Ferroni


 
La Notte dei Diavoli

Italia e Spagna – 1972 – colore - 90'
Regia: Giorgio Ferroni
Interpreti principali: Gianni Garko, Agostina Belli, Roberto Maldera, Bill Vanders Cinzia De Carolis.
Trama: Nicola, diretto verso l'Italia, sta attraversando con la sua auto una zona sinistra e desolata della ex Jugoslavia, siamo nel 1972. Improvvisamente una donna vestita di scuro attraversa la strada e l'uomo per evitarla sbanda rovinosamente danneggiando l’auto. La donna sembra sparita nel nulla e a Nicola non rimane che mettersi alla ricerca di aiuto. Si addentra nel bosco e arriva ad una abitazione in cui vive un famiglia di contadini che accetta, con molta titubanza, di aiutarlo. Quella dei Ciuvelak, composta da Gorka (il capofamiglia), da sua moglie, da Jovan, dalla bellissima Sdenka (Agostina Belli) e dalle piccole Irina e Mira, si rivela però una famiglia molto strana...cosa cerca di nascondere? Una sera Gorka, rientrato tardivamente a casa, viene ucciso dal figlio Jovan. Il corpo dell'uomo, in seguito all'uccisione, si decompone all'istante sotto gli occhi di Nicola che assiste impotente e incredulo alla scena. A quel punto, una volta riparata l'automobile, Nicola decide di abbandonare subito l'abitazione e di recarsi nel paese più vicino per denunciare l'accaduto alla polizia. In paese però incontra un ex poliziotto, conoscente della famiglia, che gli racconta di come i Ciuvelak non siano assassini bensì vittime di un essere malvagio chiamato Vurdalak: una sorta di strega-vampiro in grado di trasformare le persone amate in morti viventi. Lo esorta, dunque, a tornare indietro e provare a salvare dalla maledizione almeno Sdenka (che si era innamorata perdutamente di lui). Tornato indietro però Nicola si accorge che la situazione durante la sua assenza è precipitata: tutti i membri della famiglia Ciuvelak sono diventati dei Vurdalak. Solo Sdenka pare essere sopravvissuta a quel destino atroce ma l'uomo, terrorizzato, non crede che la ragazza, dall'aspetto tetro e cadaverico, sia ancora umana e, dopo uno scontro cruento con alcuni di quei mostri, fugge in preda al panico. Verrà ritrovato dopo qualche giorno in stato di shock e portato in un ospedale psichiatrico dove, nonostante le cure mediche cui viene sottoposto, non sembra dare segni di reazione e guarigione... Un sera però Sdenka, sfuggita ai Vurdalak e in cerca del suo amato, giunge nell'ospedale. Nicola, che la crede ancora un Vurdalak, reagisce alla sua vista con terrore e la uccide trafiggendola al cuore. Solo dopo la morte della ragazza egli si rende conto dello sbaglio compiuto e capirà, nella più totale disperazione, di aver ucciso una innocente ma, soprattutto, colei che amava...
Analisi: Questo film è tratto dal racconto di Tolstoj “La Famiglia Vurdalak”ed è il primo e unico film horror del regista Giorgio Ferroni. Non ho letto il racconto originale, ma posso dirvi che una delle cose più apprezzabili della pellicola è rappresentata dall'ambientazione: una vecchia casa isolata in un bosco tetro....la paura trasmessa è una paura quasi primordiale, atavica, fortemente legata al ciclo del giorno e della notte. Ferroni inoltre è bravo a giocare con le atmosfere e le luci all'interno dell'abitazione, creando mistero e inquietudine. Un altro aspetto interessante del film sono gli effetti speciali, curati da un maestro del genere: Carlo Rambaldi (quello di E.T., tanto per capirci). Certo, abituati agli effetti speciali e alla grafica computerizza dei giorni nostri, balza subito all'occhio il loro aspetto del tutto artigianale (...siamo all'inizio degli anni '70) però non si può che apprezzarne la qualità e varietà. Per quel che riguarda gli attori nulla di clamoroso da segnalare, tuttavia una menzione la merita l'interprete di Sdenka, una Agostina Belli nel pieno del suo splendore ;-) Azzeccate appaiono la scelta del flashback per raccontare la vicenda (il film, infatti, inizia col ritrovamento di Nicola e col suo ricovero in ospedale) e la colonna sonora, quasi psichedelica. Il finale è ben riuscito: romantico e triste allo stesso tempo. Consiglio la visione di questo film, passato troppo in fretta nel dimenticatoio; forse un po' ingenuo per alcuni aspetti ma particolare per le atmosfere e tecnicamente molto valido, come molte altre pellicole di quell'epoca! Nel 2012 è stata prodotta e diffusa (prima in Spagna poi in Italia) anche la versione in DVD Blue Ray...per veri appassionati !!!



La locandina della versione italiana del film

mercoledì 10 aprile 2013

Dalla Terra di Mezzo

" Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lo rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor dove l'Ombra Nera scende.
Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende"
 
Con i versi del Prologo al Signore degli Anelli di J.R.R.Tolkien, stimatissimo docente di letteratura anglosassone medioevale e Maestro del genere Fantasy, apro questa nuova rubrica, nella quale, con la valida ed apprezzata collaborazione degli amici, come me appassionati, Tiziana Gheno, Biagio Gennaro e Leonardo Albiero, approfondiremo stirpi, genealogie, luoghi, doti, qualità e difetti dei personaggi della Terra di Mezzo, dando spazio anche agli interpreti dei magnifici film di P. Jackson, con riferimenti ad altre note interpretazioni degli attori stessi, il tutto accompagnato da ricche foto degli splendidi costumi e scenari. Ergo, buona lettura e buon approfondimento.
 
 


lunedì 8 aprile 2013

Il Ventaglio di C. Goldoni - regia di D. Michieletto - Teatro Stabile Veneto, Teatri e Umanesimo Latino S.p.A., Arteven Circuito Teatrale

Messinscena efficace e calzante, che ti cattura dalle note della simpaticissima coreografia d'apertura allo scanzonato finale en desabillèe. Questo allestimento è l'esempio luminoso di come rendere un testo secondario, complicato nelle relazioni tra i personaggi e farraginoso, un'ininterrotta sequenza di gag divertenti e brillanti trovate. La regia è frizzante ed estremamente briosa, la scenografia essenziale, ma molto originale e attagliata alle scelte registiche. Perfetta anche l'attualizzazione (e parla uno che in genere non ama le trasposizioni), persino nelle attività e negli oggetti peculiari di ciascun personaggio. Interpreti tutti appropriati e ben assortiti, con alcune punte di diamante nelle figure del protagonista Evaristo di D. Bonaiuti, in perfetta tenuta tennistica e del Conte maneggione di A. Albertin, di verdoniana ispirazione. Dinamica e sbarazzina anche la personificazione del ventaglio, un angioletto autentico burattinaio virtuale e reale con cappelluccio, jeans e scarpe da tennis.
Commedia da non lasciarsi sfuggire, io faccio addirittura il bis!

mercoledì 3 aprile 2013

Phenomena di D. Argento


Premessa

Definire il “cinema dell'orrore” può sembrare una cosa semplice o banale ma, in realtà, risulta essere estremamente complicato date le molteplici sfaccettature che lo compongono e la moltitudine di influenze e contaminazioni che ha subito nel corso della sua storia. Quello che cercherò di fare, da cultore e appassionato del genere, è presentarvi i capitoli più significativi di questa storia, ricordandovi che “...il cinema dell'orrore è e sarà sempre il territorio privilegiato del caos, del disordine, della ribellione, della mancanza di fiducia o di speranza. Anche dove la narrazione  tende a ricomporre la tranquillità turbata, rimarrà pur sempre un monito a non essere sicuri della propria sorte”.

 

Phenomena

 

Italia – 1984 – colore - 104'

Regia: Dario Argento

Interpreti principali: Jennifer Connely, Daria Nicolodi, Dalila Di Lazzaro, Donald Pleasence, Patrick Bauchau.

 

Trama: Una turista danese, durante una sosta, perde l'autobus su cui viaggia. In cerca di aiuto, vaga nel bosco di una non ben precisata località della Svizzera e giunge in una abitazione desolata. Ma la povera ragazza viene improvvisamente assalita e brutalmente uccisa da un misterioso killer apparentemente legato a delle catene. E' solo l'inizio di una lunga serie di omicidi, tutti ai danni di giovani ragazze. La svolta arriva dopo qualche mese, quando una ragazza americana di nome Jennifer (Connely), figlia di un attore, si iscrive in un collegio svizzero femminile. Il collegio diventa teatro di misteriosi omicidi e la ragazza, che soffre di sonnambulismo, scopre di avere una dote fuori dal comune: riesce ad attirare a se svariate specie di insetti e a comunicare con loro tramite una sorta di trans telepatico. Sono proprio gli insetti che la guideranno verso i macabri indizi legati agli omicidi del serial killer. Grazie a questa sua dote e all'amicizia con un noto entomologo (interpretato magistralmente da D. Pleasence), che la aiuta a capire il nesso fra alcuni degli insetti in cui si imbatte (come la mosca “sarcofaga”) e le morti delle ragazze, Jennifer giunge alla scoperta del mostruoso (in tutti i sensi) mistero che si cela dietro agli efferati omicidi.

Analisi: Non potevo che iniziare la mia rassegna con quello che, a mio modo di vedere, è uno dei film migliori in assoluto, sia sotto il profilo creativo che realizzativo, del grande regista italiano Dario Argento. Il principale punto di forza di questa pellicola è la costruzione del racconto, a tratti quasi fiabesco, che pone al centro dell'interesse le immagini e la suspense. Mostruosità e delicatezza si inseguono e si incrociano per tutto il film, che affronta e abbina in un unica trama diversi temi fra i quali quello del paranormale, quello della scienza forense e quello dei cosiddetti “freaks of nature”. Argento non si lascia sfuggire l'occasione per affrontare quest'ultimo tema (che rappresenta il fulcro della storia) a suo modo, cioè estremizzandolo in chiave horror.

Il tutto è sorretto da una colonna sonora grandiosa, composta dalle musiche scritte dal “fedelissimo” Claudio Simonetti (e interpretate dai Goblin) e da canzoni rock e metal (concedetemi di citare “Flesh of the Blade” degli Iron Maiden e “Locomotive” dei Motorhead).
 
a cura di Gianluca Deflorian