giovedì 27 giugno 2013

Un altro mondo - Regia di S. Muccino

Una storia di disagio familiare e di ripristino di relazioni, di abbandono e di riscoperta. Una presenza inizialmente scomoda, insolita, inaspettata, spiazzante, che ti scombussola la vita e la routine quotidiana, ma della quale pian piano non riesci più a fare a meno, una persona che arricchisce e riempie quella vita che sembrava sconvolgere. La trama, dalla freddezza iniziale, assume progressivamente toni caldi e intimi, in cui emergono sentimenti di comprensione e partecipazione, poi via via di amicizia, fratellanza ed affetto. Bravissimo e molto naturale nella sua freschezza e ingenuità, non banale, il giovanissimo Michael Rainey. Ho trovato credibile e appropriato Muccino, interprete e regista, che in genere non amo particolarmente. Ben calata nel ruolo di fidanzata all'inizio insofferente e infastidita, poi complice e compagna sincera I. Ragonese. Io, che di solito non apprezzo molto storie troppo melliflue e sdolcinate, sono rimasto colpito da questo film e ne consiglio la visione, ancor meglio se tra amici.

giovedì 20 giugno 2013

C'era una volta una Strega cattiva...


Lo spunto per questo nuovo capitolo della rubrica me lo ha dato la visione del film, uscito il 24 aprile al cinema, Le Streghe di Salem, del regista statunitense Rob Zombie (vero nome Robert Bartleh Cummings), autore anche del libro omonimo da cui è tratto il film nonché cantante e leader della famosa (almeno negli USA) band Rock-Metal White Zombie. Beh in realtà il film è proprio brutto, anzi è veramente pessimo!!! Ma non temete, oltre a Le Streghe di Salem tratterò altri 2 film horror, entrambi del Maestro Dario Argento, legati alle streghe e…sono sicuro che non vi deluderanno ;-) !!!
 
Le Streghe di Salem (titolo originale “The Lord of Salem”)
USA – 2013 – colore - 101'
Regia: Rob Zombie
Interpreti principali: Sheri Moon Zombie, Bruce Davison, Jeff Daniel Phillips, Judy Jeeson.
Trama. Nella cittadina americana di Salem (in Massachussets), una giovane D.J. radiofonica, Heidi (S. M. Zombie), riceve durante la messa in onda della sua consueta rubrica un disco in vinile, confezionato in una strana custodia di legno: sul vinile nessun titolo e nessun riferimento, solo un bigliettino con scritto “Un regalo dai Signori di Salem”. Tornata a casa con un amico, Heidi decide di ascoltare il disco e quando l'ossessionate e ripetitivo motivo inciso sul vinile comincia a suonare ella inizia ad avere orribili visioni riguardanti un gruppo di streghe che vengono giustiziate ed arse vive. Da quel giorno la vita di Heidi non torna più la stessa, gli incubi e le visioni (di cui poco a poco lei stessa diventa la protagonista) legate alle streghe che un tempo abitavano proprio in quella città si fanno sempre più frequenti e oppressive e portano la ragazza verso uno stato di esaurimento nervoso molto grave: la realtà si confonde con le visioni e Heidi non è più in grado di reagire. L'amico prova a salvarla ma non può fare nulla: il destino di Heidi è segnato...è la discendente della famigerata strega Morgan, bruciata viva a Salem alla fine del '600, e diventerà un strega anche lei.
Analisi. C'era molta attesa per questo film: il regista americano R. Zombie, che esordì nel 2003 col film La Casa dei 1000 Corpi (un film molto controverso ma che ebbe un successo clamoroso anche in Europa) è molto quotato nell'ambiente del cinema horror. Tuttavia il film è una delusione su tutti i fronti: la narrazione è lenta, priva di ritmo, le ambientazioni e le scenografie sono grottesche ai limiti del ridicolo, le scene horror sono prevedibili, viene fatto un uso a dir poco eccessivo di frasi e situazioni blasfeme e vengono utilizzati in maniera maniacale nudi di donne in età avanzata che trovano il loro culmine nella scena finale del film...insomma uno squallore, privo di alcun senso logico (forse il regista vedeva in tutto ciò qualcosa di artistico). Un vero e proprio insulto a Suspiria (da cui R. Zombie dice di essersi ispirato per la scenografia) e più in generale al cinema del settore... Molto deludente anche la colonna sonora: da un rocker di spessore come Zombie mi aspettavo qualcosa di più che un brano ossessivo (anzi, fastidioso) e qualche sprazzo di black-metal...
Note e curiosità. Il film si ispira ad un episodio storico molto famoso negli USA (il processo alle streghe avvenuto nel 1692 a Salem, che portò all'uccisione di decine di donne, arse vive) e ad un episodio di cronaca nera: un suicidio di massa di sole donne avvenuto proprio a Salem. L'interprete principale del film (S. M. Zombie) è la moglie del regista ed è anche la bassista dei White Zombie, il gruppo di cui R. Zombie è il cantante...insomma, affari di famiglia Zombie!

Suspiria
Italia – 1977 – colore - 97'
Regia: Dario Argento
Interpreti principali: Jessica Harper, Stefania Casini, Alida Valli, Miguel Bosè.
Trama. Una giovane ballerina, Susy (J. Harper), giunge nella città tedesca di Friburgo per frequentare una prestigiosa e rinomata scuola femminile di danza ma proprio la sera del suo arrivo assiste ad un episodio strano, che vede protagonista una ragazza appena cacciata dalla scuola e che verrà barbaramente uccisa qualche ora dopo. Passa qualche giorno, e Susy si accorge che l'edificio in cui ha sede la scuola è costruito con particolari architettonici alquanto strani e insoliti, inoltre avverte molto chiaramente la sensazione che allieve e, soprattutto, insegnanti nascondano qualche mistero inquietante. Nel frattempo alcuni orribili avvenimenti cominciano a susseguirsi in maniera sempre più angosciante all'interno dell'edificio che Susy, alla fine, scopre essere solo una copertura per celare agli occhi indiscreti quella che in realtà è a tutti gli effetti la dimora di una vecchia strega molto potente, Mater Suspiriorum, la quale continua ad esercitare il suo potere maligno sulle persone che la circondano a distanza di secoli dalla sua presunta morte!

Inferno
Italia – 1981 – colore - 106'
Regia: Dario Argento
Interpreti principali: Daria Nicolodi, Leigh McCloskey, Irene Miracle, Eleonora Giorgi.
Trama. Rosa (E. Giorgi), una poetessa, mentre si trova a New York scopre casualmente in un libro alcuni riferimenti molto strani alle cosiddette “Tre Madri”, tre creature che eserciterebbero da secoli il loro potere malefico sull'intera umanità e che, sempre stando al libro, dimorerebbero in altrettanti palazzi di tre distinte città: Friburgo (...dove si trova Mater Suspiriorum – di cui si parla in Suspiria), New York e Roma. A quel punto Rosa, incuriosita, decide di indagare e si reca dal libraio per chiedere ulteriori informazioni sul libro ma ...da quel momento inizia una lunga e sconvolgente serie di macabre morti, tutte orchestrate da una delle Tre Madri, Mater Tenebrarum, gelosa custode di quel segreto.

Analisi dei film. Anche se stilisticamente sono abbastanza differenti fra loro, Suspiria e Inferno vanno considerati e analizzati assieme dal momento che fanno parte di un “concept” horror molto ambizioso di tre film che Argento volle intraprendere per trattare, a suo modo (cioè metafisico), il mondo delle streghe, che chiama per l'occasione “Madri”. La realizzazione di questi primi due film, tuttavia, richiedette un enorme impegno da parte del regista italiano che, snervato e privo di idee, lasciò l'opera incompiuta...almeno fino al 2009 quando, quasi costretto dalle incessanti e sempre più insistenti richieste dei suoi fans, a distanza di trent'anni da Inferno decise di girare “La Terza Madre”, il capitolo conclusivo della saga: un film talmente brutto e privo di inventiva che non inizierò nemmeno a trattare. Suspiria è importante nella filmografia del regista italiano poiché si tratta del primo film in cui D. Argento abbandona il thriller per immergesi al 100% nell'horror. Una cosa che colpisce subito è la stravaganza sanguinaria con cui vengono messi in atto i delitti, un aspetto che rimase nel tempo una sorta di “marchio di fabbrica” del regista. Egli inoltre per l'occasione punta molto sulle atmosfere esoteriche e gioca molto coi contrasti e le luci (Argento racconta che per creare quegli effetti di luce scelse una pellicola particolare, molto spessa). Un altra caratteristica di Suspiria è l'ambientazione: volutamente ispirata alle fiabe per i bambini, tanto che in alcune scene la grandezza delle porte e l'altezza da terra delle maniglie sono sproporzionate rispetto alla statura delle attrici (la protagonista è stata scelta anche per il suo aspetto fanciullesco). Inferno, anche se teoricamente dovrebbe essere il seguito di Suspiria, si discosta molto come ambientazioni e fotografia dal film precedente. Magia, alchimia esoterismo e orrore sono fusi assieme per creare un intreccio fittissimo, denso, memorabile per la capacità visionaria dell'autore. Degna di nota la performance di E. Giorgi, un attrice forse sottovalutata o, meglio, che nel tempo non si è saputa riconfermare. Forse un po' deludente è il finale del film, in cui l'orrore metafisico che faceva da asse portante lascia il posto all'apparizione di una Morte alquanto approssimativa e grossolana.
Grandiosa in entrambe i film la colonna sonora dei mitici Goblin di Claudio Simonetti.
Note e curiosità: Suspiria ebbe un enorme, inaspettato, successo anche in Giappone, un paese in cui D. Argento non era conosciuto, a tal punto che venne recuperato il film Profondo  Rosso (del 1975) cui venne dato il titolo Suspiria parte seconda. Una locandina promozionale del film dell'epoca riporta questa frase: “L'unica cosa più paurosa degli ultimi 12 minuti di Suspiria sono...i primi 92 minuti!”.
In Inferno rimane da manuale la scena in cui Rosa si immerge nel sotterraneo allagato della dimora stregata...una sequenza in cui lo spazio e il tempo vengono annullati per lasciar posto alla paura claustrofobica.



mercoledì 19 giugno 2013

Gandalf il Grigio (il Bianco)



Personaggio determinante sia ne "Il Signore degli Anelli" che ne "Lo Hobbit", appartiene alla categoria degli Istari, gli stregoni benefici. Nella lingua degli uomini assume il nome di Mithrandir, il "Grigio Pellegrino". Ne "La Compagnia dell'Anello" ha il titolo di Grigio, mentre ne "Le Due Torri", dopo aver sconfitto in duello il Balrog di Moria, assume il rango di Bianco, soppiantando Saruman. Ne "Il Signore degli Anelli" affida a Frodo Baggins la missione di distruggere l'anello di Sauron, l'Oscuro Signore, ne "Lo Hobbit" attribuisce a Bilbo Baggins il ruolo di "Scassinatore" nella missione dei nani di riconquista del regno di Erebor sotto la Montagna. Gandalf è una figura assai carismatica e autorevole, fiera e caparbia, capace di trovare sempre la soluzione più assennata ed opportuna in ogni circostanza, saggio consigliere di Frodo e Aragorn, stregone guerriero nell'assedio e nella riconquista di Minas Tirith.

Nel film veste i panni di Gandalf l'attore inglese Sir Ian McKellen. Altri candidati erano S. Connery e A. Hopkins, nonché C. Lee, che invece ha impersonato Saruman. E' doppiato da G. Musy nella Trilogia dell'Anello, da G. Proietti ne "Lo Hobbit". "La mistica di Gandalf è tutta nel cappello a punta - afferma McKellen - a lungo non ho saputo come servirmene, poi l'ho fatto mio. Altri guerrieri hanno la spada, lui ha il cappello". Nato nel 1939, è uno dei più importanti attori shakespeariani viventi (nella foto a destra è Re Lear), seguace del metodo d'immedesimazione di Stanislawsky. Recentemente ha vestito altresì i panni del Prof. Teabing, studioso del Graal e amico del Prof. Langdon (nella foto a sinistra) nel "Codice Da Vinci". Trovo che sia un'attore di grande classe ed eleganza, molto raffinato e di ottima presenza, perfettamente calato e appropriato nel ruolo del savio Gandalf.






lunedì 6 maggio 2013

La Trilogia della Villeggiatura di C. Goldoni - regia di V. Cavalli e C. Intropido - Quelli di Grock

Un allestimento frizzante, pieno di brio e vivacità, che unifica le tre commedie che inscenano "Le smanie per...", "Le avventure della..." ed "Il ritorno dalla Villeggiatura", seguendo, anche stilisticamente, secondo quanto scrive lo stesso Goldoni, "i pazzi preparativi, la folle condotta e le dolorose conseguenze" della vacanza. Nella prima parte il ritmo incalzante e la velocità regnano sovrani tra ostentazione dell'ultima moda di grido, spese folli foriere di pesanti debiti, smaccata mostra delle convenzioni sociali ingigantita dallo sfoggio  dovuto al voler essere i migliori villeggianti. Nella seconda i fervidi preparativi cedono il passo ad una accaldata e un po' stanca svogliatezza e noia, i veri rapporti personali iniziano a venire a galla. Nella terza, velata di tristezza e malinconia, le convenzioni s'impongono prepotentemente, il vero amore fa luogo al matrimonio d'interesse, i sogni di una povera signora attempata con i grilli per la testa cadono in frantumi di fronte alla sarcastica sete di denaro del becero cicisbeo. Molto pertinente e azzeccata la trasposizione in una villeggiatura marina anni '50 con relativi appropriati costumi, accessori, ambienti e arredi. Di grande effetto la tavola imbandita sbilenca sospesa cascante in un arioso drappeggio. Molto efficaci gli interpreti, estremamente abili nelle curatissime scene dinamiche alternate a scatti quasi fotografici. Ottimi in particolare Fulgenzio/Bernardino, Sabina e Ferdinando. Molto interessante ed intensa anche la masterclass "Dalla commedia dell'arte al carattere" curata dal bravo P. De Pascalis, attore nonché assistente di regia, cui ho avuto il piacere di partecipare.


venerdì 3 maggio 2013

Miele - Regia di V. Golino

Trama sofferta e suggestiva per un film su una tematica sempre alquanto controversa: l'eutanasia. Anche il titolo è molto significativo. Ambientazione ed attori credibili, J. Trinca ben calata in un ruolo dal forte impatto emotivo, il grande maestro C. Cecchi perfetto in un'enigmatico e vissuto personaggio preso dal mal di vivere e deciso a farla finita. Tra i due s'instaura una relazione molto toccante e densa di significati. Musiche ben calibrate e inserite nei giusti momenti. Si esce dal cinema scossi, con un nodo alla gola, ma la visione è davvero consigliata per un film italiano sicuramente ben girato. Ringrazio gli amici che mi hanno invitato a vederlo.


martedì 30 aprile 2013

Non Entrate in quella Casa!!!


Nell'ormai lontano 1981 fece la sua comparsa sui grandi schermi USA il film “Evil Dead” (in Italia conosciuto come “La Casa”), diretto da un giovane regista al suo debutto cinematografico, tale Samuel Raimi, e ...nulla fu più come prima! Questo film, infatti, rappresentò la nascita di un nuovo modo di concepire e di realizzare il cinema dell'orrore e, si può dire, diede il via ad un vero e proprio genere cinematografico. Parlando di film sulle case non posso dunque che partire da Evil Dead, ma descriverò anche un piccolo gioiello, di stile completamente differente da Evil Dead, del cinema thriller-horror italiano (diretto dal grande Pupi Avati) per arrivare ai giorni nostri e trattare quello che è stato giudicato da molti critici del settore il miglior film horror del 2012...buona lettura (e/o buona visione ;)

La Casa (titolo originale “Evil Dead”)
USA – 1981 – colore - 85'
Regia: Samuel Raimi
Interpreti principali: Bruce Campbell, Ellen Sandweiss, Betsy Baker.
Trama. Un gruppetto di ragazzi giunge ad una casupola di legno, affittata per trascorrere un week-end di spensieratezza. La casa si presenta alquanto malandata e per di più si trova sperduta nel bel mezzo di un bosco. In una specie di scantinato che si trova all'interno dell'abitazione i ragazzi trovano un vecchio libro, il Necronomicon, contenente formule magiche e rituali ancestrali. La lettura di alcune pagine del tomo risveglia un antico e feroce demone del bosco che si insinua nella casa e, uno ad uno, si impossessa dei malaugurati gitanti...
Analisi. Il film, girato con un budget estremamente limitato, rilegge il tema della possessione demoniaca e delle case infestate in una maniera così visionaria, frenetica, originale e innovativa (per tipo di effetti, ritmo e inquadrature) che spiazza lo spettatore sin dall'inizio. Il giovanissimo Raimi lascia da parte la scuola classica del cinema della paura e non concede nulla all'attesa, all'atmosfera o alla suspense: tutto l'orrore è immediatamente rovesciato sullo schermo e continua senza interruzione fino alla fine della pellicola, alternando veri e propri “shock visivi" a momenti (volutamente)auto-ironici creando, quasi dal nulla, uno stile che imperverserà dagli anni Ottanta in poi. Una trama quasi inesistente lascia lo spazio ad una galleria di trasformazioni, effetti speciali e movimenti vertiginosi con la macchina da presa. Questo film, certo, potrà non piacere ai puristi del cinema dell'orrore ma ha fatto senza dubbio scuola: La Casa non è un film splatter ma è Il film splatter e gli effetti visivi ideati da Raimi, mescolati ad una ironia fuori di testa, si possono ritrovare negli anni seguenti in una larga serie di pellicole del cinema horror. Non a caso vincitore del 1° Premio al Festival del Terrore di New York.
Curiosità. Uno degli attori del film, Bruce Campbell, negli anni è diventato l'attore “amuleto” di Sam Raimi: è protagonista di altri film horror del regista e compare in moltissime altre sue pellicole (recita delle piccole parti addirittura nei 3 film di Spider Man).
Evil Dead ha dato inizio ad uno stuolo di seguiti, imparentati col film originale solo nel titolo. Appartengono alla “vera” serie solo Evil Dead II (in Italia La casa 2, del 1987) e Army of Darkness: Evil Dead III (in Italia L'Armata delle Tenebre, del 1992), entrambi di S. Raimi.
Pochi giorni fa, a distanza di 32 anni(!) dall'uscita del film originale, è stato presentato al “Future Film Festival” di Bologna Evil Dead un remake diretto dal giovane regista uruguaiano Fede Alvarez e prodotto da Raimi stesso...questa volta senza badare a spese (pare che siano stati utilizzati ben 25.000 litri di sangue finto e oltre 300 litri di simil-vomito! :-D). Questo il link del trailier ufficiale in HD http://www.youtube.com/watch?v=FKFDkpHCQz4


La Casa dalle Finestre che Ridono
Italia – 1976 – colore - 106'
Regia: Pupi Avati
Interpreti principali: Lino Capolicchio, Francesca Marciano, Gianni Cavina, Vanna Busoni.
Trama. Un giovane restauratore, Stefano, agli inizi degli anni '60 giunge in un paese della Bassa Ferrarese per ripristinare un affresco raffigurante la morte di San Sebastiano, che si trova nella chiesa del paese. Il dipinto è di un artista locale, tale Buono Legnani, naïf e un po' folle, morto suicida trent'anni prima. Nel paese Stefano respira da subito una strana, bieca atmosfera e viene a conoscenza di alcuni racconti, un po' confusi e lacunosi, sul pittore dell'affresco. L'apparente suicido, avvenuto proprio davanti ai suoi occhi, di una delle persone che si erano confidate con lui, induce Stefano ad intraprendere una indagine privata per scoprire se c'è un nesso fra i racconti sul pittore e la morte dell'uomo. L' indagine lo conduce presto ad un sinistro e desolato casolare, con le finestre decorate esternamente da grandi labbra sorridenti, che in passato era stata la casa del pittore. Scopre che il Legnani aveva instaurato un rapporto incestuoso con le sorelle, ancora in vita anche se molto vecchie, e scopre anche che queste, con la complicità di un uomo del paese, periodicamente seviziavano fino alla morte in quella casa delle vittime innocenti col solo scopo di creare una fonte di ispirazione per i dipinti del fratello (il San Sebastiano raffigurato nell'affresco della chiesa mentre viene trafitto da due aguzzine era in realtà il ritratto di una vittima e delle due sorelle del pittore). Le due “arpie”, dopo aver saputo che Stefano aveva scoperto tutto, lo attirano nella casa e cercano di ammazzarlo a coltellate, ma egli riesce fortunosamente a scappare e salvarsi anche se gravemente ferito. La mattina successiva, ancora mezzo agonizzante, Stefano giunge in chiesa per raccontare tutto al parroco ma...lo attende una sorpresa shockante!
Analisi. Sarò anche di parte, ma questo (assieme a “Regalo di Natale”) rimane ad oggi il mio film preferito di Pupi Avati. Si tratta di un “noir padano” che sconfina con maestria nell'horror, utilizzando anche qualche “effettaccio” truculento. Forse in alcuni tratti è narrativamente “sconnesso” ma resta a distanza di decenni estremamente valido e suggestivo per il senso che offre del paesaggio della Pianura Padana, il gusto della dismisura, l'inclinazione al grottesco, la direzione degli attori e la cura dei particolari. Per certi versi ricorda i primi film di Dario Argento, ma in questo caso l'idea vincente di P. Avati è stata proprio trasformare la Bassa Padana, assolata, sonnacchiosa e con tanti scheletri nascosti negli armadi, nel teatro ideale per una pellicola horror. All'epoca venne notato dalla critica ma l'accoglienza nelle sale fu “tiepidina”, solo in seguito, come spesso accade, è diventato un film-cult del cinema italiano. Bellissimo il finale, con il colpo di scena e la storia che resta come sospesa.
Curiosità.  Si tratta del 5° film del famoso regista bolognese Pupi Avati ma è il 1° prodotto da lui con la A.M.A. Film (in società con il fratello Antonio e Gianni Minervini). Fu scritto con Gianni Cavina, Maurizio Costanzo e il fratello. Ricevette il Premio della Critica al “Festival du Film Fantastique” di Parigi, nel 1979.
Pare che per la storia del film P. Avati si sia ispirato ad un fatto realmente accaduto nel paese dove visse la sua infanzia, inoltre la casa con le labbra dipinte sulle finestre, che ha originato anche il titolo del film, esisteva veramente e anche se all'epoca delle riprese del film non esisteva più fu ricostruita esattamente com'era una volta.

Quella Casa Nel Bosco (titolo originale “The Cabin in the Woods”)
 - Tu Credi di conoscere la storia -
USA – 2012 – colore - 95'
Regia: Drew Goddard
Interpreti principali: Richard Jenkis, Bradley Withford, Jesse Williams, Chris Hemsworth.
Trama. Il “solito” gruppo di cinque ragazzi giunge al “solito” scalcinato chalet sperduto nei boschi (esternamente, del tutto identico a quello del film di Raimi!) per trascorrere un week-end di svago ...“che noia, già visto un centinaio di volte!” - verrebbe da dire. Ma, come fa intendere il sottotitolo del film, non è così. Da subito, infatti, ci si rende conto che un gruppo di scienziati tiene sotto osservazione (a mo' di “grande fratello”) e condiziona cinicamente tutte le mosse dei 5 ignari tenagers da un laboratorio segreto, che si scoprirà in seguito essere costruito proprio sotto l'abitazione. Non potendo scappare da quel luogo per via di una barriera invisibile che li isola dal resto del mondo i ragazzi diventano delle cavie umane o, meglio, delle vittime sacrificali di un rito millenario che affonda le sue radici nella notte dei tempi, addirittura agli albori della razza umana, e che prevede l'entrata in scena dei più crudeli mostri dell'immaginario collettivo...riuscirà qualcuno a salvarsi?
Analisi. Il film, che solo inizialmente è un omaggio (voluto) a Evil Dead, si trasforma col passare dei minuti in una sorta di compendio del cinema horror moderno...divertente, autoreferenziale, tecnicamente ineccepibile e con un finale “kolossal”, per non dire esagerato, in cui entrano in scena tutti (o quasi) i mostri della “mitologia orrorifica” (dagli Zombie ai Supplizianti, dall'Uomo Lupo al Clown di IT!), per la prima volta riuniti in unico film. Interessante inoltre l'idea di partenza del “grande fratello dell'orrore”, che contestualizza al nostro tempo la pellicola. L'anno scorso in pochi si sono accorti del passaggio nelle nostre sale cinematografiche di questo film che, come ho anticipato nella prefazione, è stato da molti critici giudicato come il miglior film di paura del 2012 e che andrebbe analizzato e studiato da tutti coloro che vogliono intraprendere una carriera nell'horror. La pellicola, infatti, rappresenta una accurata “indagine” su tutti gli stereotipi e l'iconografia del cinema del terrore dagli anni Ottanta in avanti, svolta con un pizzico di sarcastica ironia. Consigliato a chi è “rimasto un po' indietro” coi film dell'orrore e vuole rifarsi in una volta sola!!!
Curiosità. La direttrice del laboratorio che nel film organizza e controlla il mostruoso e crudele rituale, e che rimane misteriosa fino al finale della pellicola, è interpretata dalla "mitica" Sigourney Weaver (la protagonista della saga di Alien...che presto verrà trattata in queste pagine).

domenica 28 aprile 2013

R III Riccardo III - regia di A. Gassmann - Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Stabile di Torino, Società per Attori, Lugano in scena

Allestimento favoloso e visionario, spettacolare sotto ogni profilo, di una raffinatezza ed una suggestione estetiche e registiche assolute. Già le precedenti regie di A. Gassmann di "La parola ai giurati", "Roman e il suo cucciolo", "Immanuel Kant" mi avevano assai colpito, ma questa le batte di gran lunga. Scenografia lugubre, claustrofobica, ma grandiosa al tempo stesso con luci studiatissime ed effetti visivi di estrema spettacolarità: fuochi, fitti boschi, mura, marce di truppe, spettri si materializzano magicamente sulla scena lasciando lo spettatore senza fiato. Trucco curatissimo, costumi e monili di incredibile pregio e sfarzo nei colori e nelle stoffe, che rendono gli interpreti grottesche figure di burtoniana ispirazione. I personaggi si moltiplicano o si riducono materialmente o in forma di ologrammi nel succedersi delle scene, perfette nell'adattamento e traduzione di V. Trevisan. Interpretazione magistrale, molto sofferta e grottesca, del regista/protagonista Gassmann nella crudeltà e nel sarcasmo del re tiranno, affiancato da un cast di notevole qualità, che raggiunge il top nelle performances  di M. Gammarota (Tyrrel), M. Marino (Edoardo IV, Margherita, Stanley), S. Meogrossi (Buckingham, Hastings), M. Richeldi (Elisabetta). Assolutamente da non perdere, tenetelo presente nella prossima stagione di prosa.


venerdì 19 aprile 2013

The Full Monty - regia di M. R. Piparo

Spettacolo davvero brillante ed esilarante, ispirato al film del 1997, ma con sceneggiatura alquanto originale e italianizzata, su una tematica quanto mai attuale.
Il ritmo è molto vivace e ben sostenuto dai protagonisti, tutti molto capaci nel canto, con alternanza di momenti decisamente ridanciani e comici ed altri più malinconici.
Spiritosissimo il toscanaccio P. Ruffini, molto divertente il panzuto G. Fantoni, elegante e di classe P. Calabresi, appropriato S. Muniz nel ruolo del cubano emigrato in Italia. Dignitosi gli altri due improvvisati spogliarellisti, uno dei quali peraltro non professionista. Recitazione un po'scolastica dei personaggi di contorno, tuttavia compensata da una notevole qualità di movimento, in particolare degli ottimi ballerini.
Scenografia su due piani efficace e molto funzionale, con pedane scorrevoli, muri rotanti e scale semoventi, molto d'effetto l'utilizzo di proiezioni come espediente per i cambi-scena. Spettacolari, da vero musical di Broadway, le luci, coloratissime ed estremamente dinamiche. Due ore e mezza di sano divertimento, visione caldamente consigliata.
 
 
 
 


King of Horror (Parte I)


Dopo aver pubblicato le prime due recensioni come “frammenti” isolati, ho deciso di suddividere d'ora in avanti la rubrica in “miniserie”. Queste raccoglieranno di volta in volta i film da me ritenuti i più significativi fra quelli riconducibili ad una delle tante tematiche del cinema horror che verranno affrontate. Spero che, in questo modo, la lettura risulti ancora più interessante.
“A grande richiesta” comincerò dalla serie dedicata ai film tratti dai racconti di uno dei più grandi geni della letteratura horror di tutti i tempi: Stephen King. Portare su pellicola un racconto di King non è affatto cosa semplice e, spesso, ha dato esiti davvero mediocri. C'è da dire poi che King, spesso, non è stato molto “tenero” nel giudicare e commentare film tratti dai suoi romanzi e questo ha reso la “sfida” ancora più difficile per quei registi (alcuni dei quali molto importanti) che di volta in volta hanno voluto provarci. Rigorosamente in ordine cronologico, ecco per voi:

Shining (titolo originale “The Shining”)
USA – 1980 – colore - 146'
Regia: Stanley Kubrick
Interpreti principali: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers.
Trama. Uno scrittore in crisi, Jack Torrance (Nicholson), per trovare la pace necessaria e poter completare il suo nuovo libro accetta l'incarico di custode di un albergo sulle Montagne Rocciose, l'Overlook Hotel, durante il periodo di chiusura invernale. Decide di portare con sé la moglie Wendy (Duvall) e il figlioletto Danny (Lloyd). Dopo essersi trasferito nell'hotel, Jack scopre che dieci anni prima quel luogo era stato teatro di una vicenda orribile: un uomo aveva sterminato tutta la sua famiglia e poi si era tolto la vita. Inoltre Danny si rende conto di essere in possesso di una dote particolare, la “luccicanza” (the shining, appunto), che gli permette di comunicare con alcune entità del passato che aleggiano ancora nell'hotel e che sembrano mettere in guardia il piccolo da qualcosa di terribile che sta per accadere. La percezione di queste presenze paranormali e l'atmosfera alienante e sinistra dell'hotel porteranno Jack col trascorrere dei giorni ad uno stato di follia …che sfocerà in furia omicida!
Analisi. Stroncato senza mezze misure da King, scontento del modo in cui era stato “trattato” il suo romanzo, il film rappresenta invece una delle poche trasposizioni che si elevi al di sopra della seppur dignitosa media. Anzi, si può dire senza problemi che con Shining ci troviamo di fronte ad uno di quei rari esempi di film dell’orrore conosciuto (e apprezzato) anche da chi non è proprio un amante di tale genere. Tanto che il titolo Shining è spesso associato più al film di Kubrick che al romanzo di King! Beh, i motivi di tale successo sono molteplici. Innanzitutto la regia, affidata ad un “mostro sacro” del cinema come S. Kubrick, un perfezionista, abile maestro nello sfruttare la storia paranormale raccontata nel libro per analizzare e sviscerare in maniera cinematografica i meccanismi psicologici della paura e dell'ossessione. Egli ci conduce infatti con la telecamera nei meandri labirintici e claustrofobici dell'Overlook Hotel che progressivamente si trasformano nei labirinti mentali del protagonista il quale, alla fine, vi rimane fatalmente imprigionato. Un altro motivo del successo sta nella scelta degli attori, su tutti un Jack Nicholson in grande forma e a suo agio nei panni del protagonista della vicenda: un personaggio irritabile, indisponente e costantemente ad un passo dalla schizofrenia...
Un film che assolutamente non può mancare nella vostra cineteca!!!

Cimitero Vivente (titolo originale “Pet Sematary”)
USA – 1988 – colore - 103'
Regia: Mary Lambert
Interpreti principali: Dale Midkiff, Fred Gwynne, Denise Crosby, Blaze Berdahl.
Trama. Il dottor Creed (Midkiff) si trasferisce con tutta la sua famiglia in una sperduta località del Maine, in una casa che ha l'inconveniente di essere costruita troppo vicino a una strada percorsa ogni giorno a gran velocità da enormi e minacciosi camion. Unica presenza nel raggio di miglia, il vicino di casa, un tizio stravagante di nome Judd (Gwynne). Un giorno un camion investe il gatto della famiglia Creed, uccidendolo. Judd allora convince il dottor Creed a seppellire i resti del povero gatto in un cimitero per animali che si trova nei pressi della loro abitazione, costruito molti anni prima da una tribù di pellerossa. Secondo la leggenda la terra di quel cimitero sarebbe in grado di riportare in vita gli animali! Passano pochi giorni ed ecco che, secondo copione, il gatto fa la sua ricomparsa, vivo e incredibilmente sano! Ma la gioia lascia presto spazio all'angoscia e alla paura: il gatto infatti comincia a manifestare strani comportamenti aggressivi, a tratti malefici...che sia un effetto collaterale del prodigio? Proprio mentre la famiglia medita sul da farsi, una tragedia (annunciata) la colpisce: il figlioletto del dottor Creed viene anch'esso ucciso da un camion... Il padre del bambino, in preda alla più totale disperazione, decide di seppellire il figlio nel cimitero degli animali. Una mossa di cui si pentirà ma...quando sarà ormai troppo tardi e il destino della famiglia inevitabilmente segnato!!!
Analisi. Questo film è il primo in assoluto che si avvale della sceneggiatura scritta da S. King in persona, il quale compare nella pellicola anche come attore (nella parte di un prete). L'ho scelto perché oltre ad essere molto tecnico e preciso dal punto di vista cinematografico (molto validi anche gli effetti speciali!) riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore introducendo molto abilmente un elemento che si aggiunge all'orrore: il dolore. Mentre i camion continuano incessantemente e rumorosamente ad attraversare la strada accanto alla casa dei Creed, si intuisce subito che la morte del gatto è solo il preludio e che la prossima vittima sarà il bambino. La sua scomparsa porterà un dolore lacerante non solo alla famiglia del film ma anche allo spettatore. Solo un elemento, alla fine, sopravvive alla catena di morte: la bambina, una sensitiva (una costante nell'universo “kinghiano”) che, evidentemente...sapeva già come andava a finire! ;)
Non mi resta che terminare “canticchiando” il ritornello
... I don't want to be buried in the Pet Sematary,
I don't want to live my life again
Oh no, oh no no no!
tratto dalla canzone “Pet Sematary”, sigla conclusiva del film scritta appositamente per l'occasione dai (mitici)“Ramones”. Un brano musicale divenuto in breve tempo, non a caso, uno dei cavalli di battaglia della leggendaria band punk-rock americana.  \m/
Nota. Nel 1992 è uscito il seguito, Cimitero Vivente 2 (Pet Sematary 2) ...interessante e discreto dal punto di vista tecnico ma, sicuramente, inferiore.

IT
USA – 1990 – colore - 192'
Regia: Tommy Lee Wallance
Interpreti principali: Tim Curry, John Ritter, Askell Anderson, Annette O'Toole.
Trama. Un gruppo di ragazzini di una (apparentemente) tranquilla cittadina americana (Darry) decide un giorno di stringere un’amicizia di ferro, una sorta di patto di sangue, per poter affrontare e sconfiggere un mostro dalle sembianze di  clown, IT (Curry), che da anni ciclicamente provoca la morte di ragazzi di giovane età. Il legame fra i ragazzi rimane molto saldo anche a distanza di anni quando, diventati oramai degli adulti, sono costretti a riunirsi nuovamente nella città d'origine per affrontare la mostruosa minaccia di IT. Forti di quell'amicizia e del ricordo di quando in passato riuscirono tutti assieme a neutralizzare IT, il gruppo di amici affronta senza esitazione il malvagio clown ...in quella che sarà una lunga e snervante battaglia finale fra il Bene e il Male!
Analisi. Prima di qualsiasi commento, è doverosa una premessa: penso che sia praticamente impossibile per chiunque trasporre su schermo un romanzo di oltre 1.200(!) pagine in cui tutti i temi alle fondamenta dell'opera letteraria del “Re dell'Orrore” vengono ampiamente trattati, analizzati e svolti. Un’altra importante considerazione da fare per meglio giudicare questa pellicola è che si tratta di un’opera concepita per diventare una serie televisiva e non un unico film per il grande schermo. Questo ha comportato delle limitazioni tecniche non da poco, la censura delle scene più cruente e spaventose e una durata oltre la media (più di tre ore!). Detto ciò, va dato comunque atto al regista di essere riuscito a confezionare un buonissimo prodotto, creando (soprattutto nella prima parte) un’atmosfera molto vicina a quella che si respira nel romanzo originale e a mantenere un buon ritmo narrativo. Molto bene ideata e realizzata inoltre la rappresentazione cinematografica del clown IT (che compare minaccioso anche nella locandina del film), che si guadagna una posizione di rispetto nel Gotha dei personaggi/mostri cattivi “cult” del cinema horror. Quasi scontata e inevitabile, invece, la caduta di tensione e di coerenza stilistica nella parte conclusiva del film...un vero peccato!
Curiosità. In un romanzo successivo (Tommyknockers), da cui è stato tratto anche un film, King riprende il personaggio di IT…attribuendogli un’origine extraterrestre!

G.D.